Immaginatevi la scena. Colbert, ministro di Luigi XIV, chiede al Bernini :
– « Cosa potremmo mettere per riempire quel grande vuoto che separa i palazzi del Louvre e delle Tuileries ? »
E Bernini, candido, risponde :
– « Un anfiteatro sul tipo del Colosseo, davanti due colonne come la Traiana e l’Antonina e in mezzo una statua equestre del re ».
Innegabilmente tutto ciò avrebbe prodotto una grazioso effetto, ma Colbert deve aver trovato che eccedeva un tantino la sua richiesta. Solo la statua equestre sarà realizzata. Quando infine arrivò in Francia, cinque anni dopo la morte del Bernini, nel 1685, il re la vide e ordinò di distruggerla (1). Perché? Credo che la risposta porti una luce sull’arte dell’ultimo Bernini e sulle differenze tra il barocco romano e quello detto alla francese.

La Galleria Borghese possiede un prezioso modellino in terracotta della statua equestre del re Sole (2). Prezioso perché il ministro Louvois, che aveva sostituito Colbert, anziché distruggere la statua trovò più prudente e economico allontanarla dallo sguardo del re, mettendola in fondo ai giardini di Versailles. Due anni dopo lo scultore Girardon la modificò a tal punto da rendere definitivamente illeggibile l’originaria idea berninaina. Oggi quell’idea resta nel bozzetto della Borghese.

 

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Il bozzetto mostra un giovane uomo, in parrucca seicentesca e armatura antica, che cavalca un cavallo dalla criniera agitata dal vento, che s’impenna, poggiato sulle sole zampe posteriori mentre le anteriori si sporgono sul vuoto. La statua riposa su delle rocce.

 

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Bernini aveva appena finito la statua di Costantino, nel vestibolo di San Pietro, quando riceve da Colbert la commissione per una grande statua equestre del Re Sole. Anche nel Costantino il cavallo s’impenna, come effetto dell’abbagliante apparizione della Croce. Questo celebre episodio, a seguito del quale Costantino autorizza il culto cristiano, giustificava in Bernini l’invenzione di un’iconografia originale, che si discostava da quella tradizionale, col sovrano e il cavallo a riposo, ripresa dal Marco Aurelio.

 

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Sino a allora il Marco Aurelio aveva fondato la rappresentazione equestre dei sovrani europei (3) compresi i francesi, come, ad esempio, nella statua di Enrico IV sul Pont Neuf (4).

 

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Bernini in una lettera a Colbert promette una statua che riprenderà lo stesso schema del Costantino, conferendo però al re un atteggiamento non di sorpresa ma di comando. L’idea era semplice: il re, giunto effettivamente all’apogeo della fama e premiato da continue vittorie militari, ha scalato la montagna della gloria e ne ha raggiunto la vetta. L’uomo è giovane, come l’aveva conosciuto, ventisettenne, il Bernini durante il suo celebre viaggio in Francia nel 1665. Il re sorride, compiaciuto, e stringe il bastone di maresciallo non per dare un ordine, ormai superfluo, ma per affermare il suo potere incontrastato.

 

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Un disegno di Bernini ci mostra la base prevista e mai realizzata, una montagna sulla quale avrebbero dovuto agitarsi delle bandiere.

 

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Bernini, settantenne, aveva guardato al Costantino di Giulio Romano dipinto nella Battaglia di Ponte Milvio. Il re Sole è quindi equiparato all’imperatore romano, come lui sovrano universale (5) e campione della Chiesa. Ma questo riferimento storico e colto si sposa con l’idea, astratta, della montagna della gloria. Ancora una volta, come ha detto splendidamente Wittkower, Bernini aveva combinato “il realismo esacerbato con l’assenza di realismo”. L’idea era quindi originale, adeguata, encomiastica, pertinente. Dov’era allora il problema, perché il re ordina di spezzare la statua?

E’ possibile che la fattura fosse poco riuscita, con un cavallo troppo grande rispetto alla figura. Bernini era anziano e aveva affidato una parte della realizzazione agli allievi dell’Accademia di Francia. Forse per questo, pur avendo terminato la statua, lautamente pagata dai francesi, rifiutò, finché visse, d’inviarla al committente. Suppongo pero’ che Bernini, che era stato a Parigi e conosceva bene il re, avesse un’altra riserva, relativa alla compatibilità della sua opera con la politica di Luigi XIV.

Criniera e drappeggio mossi dal vento esprimono una “istantanea” dell’azione, un suo avvenire in un momento preciso, che esclude l’idea della perennità del potere. L’immagine della montagna scalata era certo efficace, ma le zampe del cavallo protese verso il vuoto potevano dare l’impressione che il re precipitava nel vuoto. L’equilibrio precario sulle rocce rinviava a una malaugurata instabilità. Luigi XIV aveva domato la Fronda, imposto, anche se solo momentaneamente, la sua volontà in Europa, addirittura creato un sistema di controllo statale sulle arti: non aveva nessuna voglia di essere associato a un’immagine d’instabilità e di effimero. Credo che il rigetto della statua risieda piuttosto in motivazioni politiche che di qualità formali.

 

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Le opere francesi che lo celebreranno in seguito, come la statua equestre in bronzo di Girardon, riprenderanno il modello del Marco Aurelio o attingeranno, come il celebre ritratto di Rigaud, al repertorio barocco convenzionale della figura stante, immobile, parata dai simboli ufficiali del potere. L’idea del Bernini, originale e moderna, era incompatibile con il classicismo louiquatorzien, quello di un ordine solenne che esprime un potere stabile e calmo (6).

 

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Girardon, prendendo spunto appunto dalle zampe protese sul vuoto, trasformerà Luigi XIV in Marco Curzio che si precipita in un abisso per salvare Roma. Le rocce diventeranno fiamme, la parrucca un elmo, il viso del giovane re ridotto a una maschera anonima. In fondo al lago degli Svizzeri, a Versailles, nessuno la vedrà più.

 

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Ciò che il re non colse lo colsero gli artisti. Jean Gobert, Desjardins, Coisvox s’ispireranno alla statua del Bernini. Passando per la statua di Pietro il Grande di Falconet, a San Pietroburgo, il suo punto d’arrivo sarà Bonaparte che attraversa le Alpi, di David.

 

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E’ una grande fortuna che la Galleria Borghese permetta oggi, grazie al bozzetto, di ricostruire une vicenda artistica fondamentale per comprendere il diverso articolarsi della sensibilità barocca tra Roma e Parigi.

Note
1) Secondo quanto riferisce il marchese di Dangeau, nel suo journal, il re la vide e « trouva l’homme et le cheval si mal faits qu’il résolut non seulement de l’ôter de là mais même de la faire briser ».
2) Acquisita a Parigi da Contini Bonacossi, fu data in deposito alla Galleria Borghese nel 1923 e infine donata nel 1926.
3) L’unica eccezione è la statua in bronzo di Filippo IV di Spagna, di Pietro Tacca, a Madrid
4) La statua originale, opera di Giambologna e Pietro Tacca, è stata distrutta alla Rivoluzione. L’attuale fu rifatta alla Restaurazione.
5) Già in vita Luigi XIV era considerato il sovrano per eccellenza in Europa. Alla sua morte, l’Elettore di Sassonia annuncio’ alla sua corte: “Signori, il re è morto”, senza sentire il bisogno di precisare di che re si trattasse.

6) Ogni classicismo segue un periodo di crisi nel corso del quale un uomo forte prende il potere. La statua del Bernini non sarebbe piaciuta né a Pericle, né a Augusto, né a Mussolini.