Lo so,  sino a oggi un cruccio perenne vi attanagliava e turbava le vostre notti : come vedere Sant’Isidoro.  Ormai potete dormire tranquilli. Ho trovato il numero magico (064885359)  che vi permette di aprire quella porta e vedere la Cappella da Sylva. E se non ve ne importa niente della cappella da Sylva ( e sbagliate) andateci lo stesso perché il luogo è incantevole, ignoto e come fosse su un’isola deserta. Nel cuore di Roma.

Comincio da capo: Sant’Isidoro è chiusa sempre, salvo la domenica per la messa, quando evidentemente non si può  visitare. Oggi sta’ arrampicata e nascosta dietro via Veneto ma quando l’hanno costruita nel 1600 li’ c’era la vigna dei Ludovisi, cioè la campagna.

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Nel 1625 la prese Luca Wadding per stabilirci i francescani irlandesi che scappavano dalle persecuzioni inglesi. Quattro secoli dopo ci sono ancora una dozzina di francescani che si parlano inglese.

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La facciata della chiesa è di Carlo Bizzaccheri, del quale avete visto mille volte la fontana in Piazza della Bocca della Verità. Al posto delle volute laterali, che in genere rivelano le navate laterali all’interno, qui ci sono due deliziose cornucopie di un gusto pre-rococo.

L’interno è apparentemente semplice, a una sola navata – sono francescani, che vi aspettate – ma le cappelle nascondono dei  tesori (come i quadri del Maratti nella cappella di San Giuseppe) e…una curiosità. La cappella da Sylva.

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Il disegno, ma non la realizzazione, sono del Bernini. Le allegorie di marmo,Pace, Giustizia, Carità e Verità, erano rigorosamente svestite. La Carità è tanto caritatevole da offrire anche il suo latte, che spreme dal seno. Ecco, così era troppo.

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Nel 19° secolo Carità e Verità sono state vestite con delle camicie di bronzo che nascondevano le nudità. E tutti le conoscevano così, pudiche. Solo nel 2002 i restauri si sono accorti del falso e hanno restituito le statue al loro aspetto originale.

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La Carità, di Giulio Cartari, allievo del Bernini, rivela una forte analogia con il viso della Verità del Bernini, conservata alla Borghese.

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Sull’altare c’è una magnifica Vergine dell’Immacolata Concezione del  Maratti. Fate uno sforzo per guardare la pala senza la luce elettrica. Allora il viso della Vergine diventa radioso, illuminato com’è dal lanternino, mentre il corpo si confonde nell’ombra.

Se non c’è gente potete chiedere al guardiano – che ovviamente dovrete ringraziare come si deve poiché non è richiesto biglietto d’ingresso – di mostrarvi i due chiostri. Uno antico e ormai coperto e l’altro, con le pareti ingenuamente affrescate. Non c’è niente di fastoso ma la pace, il silenzio, l’isolamento di questo luogo al centro di Roma sono per me senza prezzo. Così come le due modeste seggioline di plastica dove immagino i monaci sedere al fresco le sere d’estate, dimenticati dal mondo.

Sant’Isidoro possiede anche una biblioteca che una squisita bibliotecaria  entusiasta  vi illustrerà con ogni dovizia di dettagli storici, se le sue occupazioni e la vostra cortesia lo permetteranno. Sant’Isidoro,  nel moderno quartiere Ludovisi, é scampato alla storia e rappresenta un piccolo miracolo nella città caotica. Sono certo che tratterete questo luogo e coloro che accettano graziosamente di aprirlo col rispetto che meritano.