Michelangelo ha voluto che fosse precisato nel contratto : il Cristo doveva essere nudo.  Interamente. L’attuale, terribile panneggio di bronzo nasce  tanto da pruderie quanto  dalla necessità di nascondere il sesso, danneggiato da un folle. E’ questa l’unica opera di Michelangelo che esiste in due versioni.

Viso Bassano                              Bassano

La prima  fu abbandonata senza ultimarla, perché un « pelo » apparve proprio sul viso, sfigurando l’opera. Michelangelo aveva utilizzato uno dei blocchi della cava di Polvaccio, a Carrara, previsti inizialmente per la tomba di Giulio II. Si tratta infatti dello stesso marmo usato per le statue di Lia e Rachele, a San Pietro in Vincoli. Quel marmo lucente doveva rendere lo splendore metafisico di un corpo non solo bellissimo, ma risorto. La croce invece fu ricavata da marmo proconnesio, più scuro e venato, per evocare l’oggetto-materia che si oppone  al corpo-spirito.

 

Questa prima versione, offerta a Metello Vari, che la fece completare, é stata individuata da Silvia Danesi Squarzina  nella statua conservata  nella chiesa di San Vincenzo Martire, a Bassano Romano.  Datata al 1515, l’ispirazione classica vi si rivela potentemente, avvicinandola allo Schiavo Morente del Louvre.

Bassano con tronco      Michelangelo-Cristo Risorto-1st-version

Il chiasmo sensuale, reso possibile dall’introduzione di un tronco come supporto, il meraviglioso modellato del busto, la linea ondulata che dal piede sale alla spalla (la testa é stata completata da un artista del Seicento e é incoerente con l’opera michelangiolesca) : a giusto titolo si é parlato di nudo eroico. E’ proprio l’eroismo classico a spiegare  la nudità integrale della statua. Non serve ricorrere a una spiegazione molto involuta, come quella proposta da Steinberg, secondo il quale dopo la resurrezione scompare la vergogna per la nudità, sopraggiunta col peccato originale. Più direttamente, invece,  il corpo esprime la perfezione dell’opera divina, sfolgorante di bellezza. E’ proprio perché questo Cristo non é più in vita, ma giunto nell’eternità, che il suo corpo s’impone integralmente, manifesto dell’opera del Padre, perfetta, esemplare, intemerata.

caravaggio battista

Il confronto con  la nudità di Giovanni Battista (Musei Capitolini) dipinta dall’altro Michelangelo, il Caravaggio, lo rende evidente. Qui il sesso apparente serve allo scopo opposto, trasporta il personaggio biblico nella campagna romana, l’ignudo michelangiolesco si trasforma in un ragazzino vero dai muscoli lunghi. Da una parte, con Michelangelo, il nudo eroico trapassa dal pagano al cristiano, dall’altra, con Caravaggio, il nudo naturalista  percorre il cammino inverso, dal cristiano alla realtà individuale.

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La seconda versione della statua, conservata a Santa Maria della Minerva, purtroppo mal finita da Pietro Urbano, mostra un’evoluzione dell’idea iniziale.  Meno classica, il chiasmo é sostituito da una ponderazione distribuita su entrambi i piedi, eliminando il tronco di supporto. Ora tiene con entrambe le mani la croce, mentre lo sguardo si rivolge dal lato opposto.  Rispetto alla certa bellezza della prima versione, autonoma rispetto al mondo che può solo ammirarla, qui Michelangelo introduce  una tensione, creando i due assi opposti,  delle braccia e dello sguardo.

testa

Una mestizia s’insinua nel volto : si rivolge verso la tomba di Marta Porcari (alla quale invece non é stato mai associato, venendo posto da subito sul pilastro vicino all’altare maggiore) o piuttosto guarda verso la vita, ora che é trascorsa ? Gli attributi della passione che tiene in mano – la croce, la spugna, la corda, il bastone –  ci aiutano forse a trovare una risposta.

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L’iconografia discende dai quadri di devozione che rappresentavano l’Uomo di dolore, come quello di Carlo Crivelli conservato al Museo Poldi Pezzoli. Non viene rappresentato un momento preciso storico, ma una sorta di « riassunto » della passione, una visione dopo la morte. La Risurrezione non é più incontrastata, qui, come nella prima versione, la bellezza non é più solo trionfante, il modello non é più eroico e pagano. Ora  il Cristo ha interrotto il passo e si é fermato a guardare, ora c’è un ripiegamento, un languore che si fonde con un mesto sorriso. E’ l’espressione del commiato. Credo che Michelangelo, ossessionato dall’idea della vita dopo la morte, non abbia rappresentato qui il Figlio di Dio risorto, ma l’Uomo risorto.

Pazienza allora se non piaceva a Annibale Carracci, il quale trovava che c’era poca verità, poca natura in questa statua. D’altronde, era stata la stessa impressione di Vincenzo Giustiniani, proprietario della prima versione, che comparava il Cristo della Minerva al Meleagro della Sala degli Animali in Vaticano.  Il pubblico invece  ne fece un tale oggetto di venerazione che gli toccava il piede – sfigurato da Pietro Urbano – come fosse la statua di San Pietro. Al punto che, per proteggerlo, gli misero una calza di bronzo.

Anni fa un cliente americano mi chiese se si poteva ancora togliere il panneggio per vedere il sesso.  Mi spiegò che molti anni prima un non meglio identificato « sacrestano », previa opportuna remunerazione,  toglieva il panneggio e mostrava  ciò che resta del sesso. Che poteva capire lui della speranza nella resurrezione, del corpo che trionfa della morte, dell’esitazione  davanti a tali certezze? Gli ho spiegato che no, queste cose non si facevano più, e gli ho proposto di andare in gelateria. Entusiasta, ha accettato. L’ho portato nella peggiore.