Fuggo da quell’orrore per turisti cretini di Marrakech e approdo all’estrema frontiera africana dell’Impero Romano, Volubilis. Dopo Volubilis, il nulla. Era una città importante, di 20.000 abitanti, ricca grazie all’olio inviato a Roma per nutrire lampade e abitanti. Certo, c’é un sapore di frontiera, la tecnica di costruzione delle murature é rudimentale, ma il « corso », il decumanus, é ancora ornato dalle eleganti domus dei maggiorenti, quelli che avevano gli oleifici. E lì, al suolo, ci sono ancora i mosaici.

Chissà chi era il proprietario della domus più grande, di mille metri quadrati, dove un triclinium ha un mosaico con Orfeo che ammansisce col suo canto tutte le bestie della terra conosciuta, comprese quelle che gli africani inviavano al Colosseo.

Un altro si é fatto rappresentare un soggetto procace, Venere al bagno. Costose tessere di vetro blu descrivono l’acqua che zampilla sino a raggiungere il sesso della dea dell’amore.

 

Le ninfe che rapiscono Hylas é identico all’opus sectile conservato a Palazzo Massimo a Roma. Immagino derivino entrambi da un prototipo celebre, un quadro.

                             

Poi, un po blasé, sicuro di trovare un soggetto diverso ma uno stile identico, entro in un’altra casa e resto a bocca aperta.   Chi ha potuto fare questo, diciotto secoli fa ? Il mosaico rappresenta le fatiche di Ercole. Ma le scene sono decontestualizzate, non ci sono paesaggi, non c’é narrazione, lo stile é intenzionalmente ingenuo.  Non c’é rilievo, illusionismo, naturalismo, le figure sono piatte, Ercole é tutto rosa. Tutto é grafico come una maschera africana, contenuto dentro una linea astratta, l’anatomia appena segnata da tratti allusivi.

Quella di Ercole non è vissuta come una storia vera, è una favola ed è raccontata come a un bambino, senza copiare la realtà ma evocando immagini astratte, icone, sogni. 

Questo straordinario mosaico é l’opera di un artista originalissimo, visionario, controtendenza.  Forse ha potuto esprimersi  in questa città di frontiera perché la semplificazione che apporta alla realtà é stata presa qui per un’arte non più rozza, ma più espressiva. E’ certo più vicino alle avanguardie del XX secolo, alla geometrizzazione dei cubisti,  persino a Keith Haring (guardate Ercole e Caco qui sopra) che ai mosaici dell’età dei Severi. Chissà chi era, se ci sono altre sue opere in altre città africane. Comunque, l’arte moderna mi piace solo quando ha duemila anni.