Che bella che era Faustina, la figlia naturale di Carlo Maratta. Così bella che il figlio del duca di Genzano, Giangiorgio Sforza Cesarini, più volte le aveva fatto delle avances, sempre rifiutate. Un duca non sposa la figlia di un pittore, la seduce, e Faustina lo sapeva bene. Allora un giorno, mentre la ragazza andava alla messa accompagnata dalla madre, lui con un manipolo di bravi cercò di rapirla. Faustina riuscì a fuggire ma le rimase per sempre una cicatrice sulla tempia sinistra, proprio quella nascosta nel quadro, conservato alla Galleria Corsini. E’ lei, infatti, la modella usata dal padre per l’Allegoria della Pittura. I colori sulla tavolozza non sono ancora stati mischiati, l’opera non é iniziata, e il volto bellissimo si distoglie dalla tela vergine per cercare un’ispirazione. L’Idea é il vero scopo di quell’arte che, come diceva Leonardo, «  é cosa mentale ». La piega sensuale del collo, il seno appena intravisto, anche la bocca minuta, questo é il ritratto di una donna vera, Faustina.  Ma la nobiltà e la pienezza del volto sono quelli di una statua, l’assorto indugiare ne rivela l’ intangibile natura spirituale . Si avverte appena l’affetto del padre, il grande pittore  Maratta ha prevalso,  celebrando qui, con la misura a lui propria, la Musa austera e pensosa alla quale aveva dedicato la vita.

Per una volta, la storia finisce bene. Il vile seduttore é condannato e deve fuggire in esilio, la giovane innocente vivrà felice e contenta, sposa onesta e poetessa acclamata dall’Arcadia. Meno male che ci sono i quadri per il lieto fine.