A Palazzo Barberini gli dei stanno sotto, gli uomini sopra. Volta CortonaLa Divina Provvidenza nel grande salone di Pietro da Cortona. La Divina Sapienza dipinta da Sacchi. La divina Fornarina dipinta da Raffaello. Quando ne avrete avuto abbastanza, salite di un piano. Li’ il mondo é diverso.

Nel 1728 Cornelia Costanza Barberini aveva 12 anni e era rimasta l’ultima della sua stirpe illustre. Sposa un Colonna di Sciarra e compatibilmente con delle finanze disastrate, tra 1731 e 1770, a più riprese, si farà costruire un appartamento al secondo piano dell’ala sud, la più calda, del palazzo avito.

sala-SacchiAl piano inferiore, quello nobile, ci sono le infilate interminabili d’immensi, glaciali saloni, dove i Barberini del Seicento agivano in base a un’etichetta inesorabile, che li voleva monumenti, insensibili ai bisogni del corpo. Sala con cappellaNel  nuovo appartamento settecentesco Cornelia avrà stanze più piccole, più basse, più facili da scaldare, molto più comode. Il miracolo si era compiuto, il monumento era diventato individuo, la solennità era stata sostituita dall’intimità, all’impero della casta succedevano i diritti della persona. Questo diverso approccio  al mondo si esprime in uno stile nato nel primo terzo del Settecento in Francia, dove si chiama Rocaille. In Italia si chiama Rococò .

Salirete dallo scalone sbagliato, quello del Bernini. Guardate l’ultima rampa, è senza decorazione scolpita perché conduceva a un piano di servizio. Cornelia e i suoi invitati salivano dalla scala elicoidale, quella del Borromini. Inizierete la visita dalla sala sbagliata, non la prima ma l’ultima dell’appartamento, la sala da pranzo.  Avreste cercato invano una sala da pranzo, in questo immenso palazzo, un secolo prima. Allora la tavola era volante, montata nell’anticamera dove il proprietario desiderava mangiare quel giorno, secondo l’umore e la stagione.  La specializzazione delle stanze, ognuna con una sua funzione, nasce proprio nel Settecento, con l’elaborazione di quella che i francesi chiamano l’Art de vivre.

 

dettaglio pareteNon ci sono mai parati o arazzi in una sala da pranzo, perché s’impregnerebbero degli odori. Ci sono delle boiseries. Ma qui siamo a Roma e le boiseries sono finte, sono dipinte. Le cornici si flettono, gli ordini classici – colonne e paraste – sono scomparsi. Vi rendete conto, a Roma l’antichità viene per un istante dimenticata, ci si libera dal passato e si vive solo nel presente. Questo stile é rivoluzionario e, naturalmente, anticlassico.  EncoignureLe cesure a novanta gradi degli angoli s’incurvano, mascherate dalle angoliere, con un effetto di continuità dello spazio. Non portavano però delle ceramiche, perché questi mobili, incernierati, possono ruotare, rivelando dietro gli spazi necessari al passaggio dei domestici e al servizio della tavola. I progressi della meccanica si mettono così al servizio della comodità.

AlcovaNell’alcova prendevano posto musicisti o attori, per intrattenere i signori durante il convito. Qui Maria, ultima dei Barberini a risiedervi, ha consumato pasti e ricordi sino alla  morte, nel 1955.

 

 

Lo spazio più squisitamente rococò è la piccola galleria. Affacciata sul giardino, le sue pareti sono dipinte con una  vegetazione che non appartiene a alcuna specie esistente in natura.  Sono le piante sognate, quelle di Harry Potter, le piante di un mondo più felice e incurante del nostro. Il vero giardino di fuori, a contatto con questo stile che crede nella leggerezza dei corpi e ignora quella delle anime, diventa il magico giardino d’Armida. Non a caso uno dei motivi principali del Rococò è il cartiglio che ricorda una conchiglia.  Tra minerale e animale, ibrido, trasversale, impossibile da catalogare ma vivo e animato. E’ uno dei molti tratti che il Rococò ha in comune col Manierismo – pensate alle grotte – e sarà legato all’Art Nouveau. L’immensa specchiera posta davanti alla finestra riflette l’esterno e sfonda lo spazio. Siamo dentro o fuori? La galleria è esigua o vastissima? E noi, siamo pesanti o invece leggeri, di una levità tutta umana e immanente, che non ha più bisogno di metafisica? D’altronde, la critica fatale al Rococò non sarà d’ordine estetico ma etico: era uno stile immorale, che ignorava Dio e gli Antichi.

La studentessa che vi guida qui tutti i giorni alle 11,30 – io ne ho viste due – ha il fascino della giovinezza, ma le sue conoscenze dispongono di un ampio margine di miglioramento.  Allora, scrivendo su quest’appartamento (un altro articolo seguirà), sono diventato il Cyrano del Rococo : la studentessa metterà il viso e io  metterò la voce. La prossima volta, parleremo di granchi.